Nuovi anticoagulanti orali: intervento chirurgico, fibrillazione atriale associata a malattia coronarica o a tumore, cardioversione, emorragia intracranica, ictus ischemico


Pazienti sottoposti a intervento chirurgico urgente

Se è necessario un intervento di emergenza, i nuovi anticoagulanti orali devono essere interrotti.
L’intervento chirurgico deve essere differito, se possibile, fino ad almeno 12 ore e idealmente 24 ore dopo l'ultima dose.
La valutazione dei comuni test di coagulazione ( aPTT per inibitori diretti della trombina; PT sensibile per inibitori del fattore Xa ) o del test di coagulazione specifico ( dTT per inibitori diretti della trombina; test cromogenico per gli inibitori del fattore Xa ) può essere considerata se c’è timore per il declino farmacocinetico dell’effetto anticoagulante ( ad esempio, insufficienza renale e/o patologie concomitanti ).
Tuttavia, tale strategia non è mai stata verificata, e quindi non può essere raccomandata e non dovrebbe essere utilizzata di routine.

Pazienti con fibrillazione atriale e malattia coronarica

La combinazione di fibrillazione atriale e malattia coronarica non solo è una comune condizione clinica, è anche una situazione complessa su come utilizzare gli anticoagulanti e terapia antiaggregante, ed è associata con tassi significativamente più alti di mortalità.

Purtroppo, non ci sono dati sufficienti per guidare in modo ottimale la pratica clinica in tale contesto.
Inoltre, nuovi antipiastrinici sono stati immessi sul mercato per le sindromi coronariche acute, aggiungendo ulteriore incertezza su come utilizzarli in combinazione con gli antagonisti della vitamina K o i nuovi anticoagulanti orali quando sia la sindrome coronarica acuta sia la fibrillazione atriale convergono in un dato paziente.

Per motivi di chiarezza, è stato scelto di definire tre scenari clinici con molti sottoscenari diversi, e sono state proposte istruzioni pratiche per ciascuno: (I) gestione di sindromi coronariche acute in un paziente con fibrillazione atriale trattato con i nuovi anticoagulanti orali; (II) gestione di un paziente con una recente sindrome coronarica acuta ( inferiore a 1 anno ) che sviluppa fibrillazione atriale di nuova insorgenza; (III) sviluppo di fibrillazione atriale in un paziente con una storia di malattia coronarica, ma senza sindrome coronarica acuta nel corso dell'ultimo anno, senza uno stent elettivo di metallo nudo durante l'ultimo mese o uno stent a rilascio di farmaco nel corso degli ultimi 6 mesi ( malattia coronarica stabile ).

Il tipo e il livello di anticoagulazione come così come la singola verso la doppia terapia antiaggregante in combinazione con i nuovi anticoagulanti orali e la sua durata, hanno bisogno di essere altamente personalizzate in base al rischio aterotrombotico, il rischio cardioembolico e il rischio di sanguinamento.
Deve essere valutato il rischio utilizzando strumenti convalidati come i punteggi GRACE, CHA2DS2-VASc e HAS-BLED.

Cardioversione in un paziente trattato con nuovi anticoagulanti orali

Sulla base delle linee guida ESC, in pazienti con fibrillazione atriale di durata maggiore di 48 ore ( o fibrillazione atriale di durata sconosciuta ) sottoposti a cardioversione, l’anticoagulazione orale deve essere effettuata per almeno 3 settimane prima della cardioversione oppure l'ecocardiografia transesofagea deve essere eseguita per escludere trombi nell’atrio sinistro. Dopo la cardioversione, la continua terapia anticoagulante orale è obbligatoria per altre 4 settimane.

Non sono a disposizione dati prospettici relativi alla sicurezza della cardioversione sotto trattamento con i nuovi anticoagulanti orali.
Dati osservazionali dagli studi RE-LY, ROCKET-AF e ARISTOTLE non hanno mostrato alcuna differenza nel numero di ictus o di embolie sistemiche, e il tasso di ictus era paragonabile con quello, in studi precedenti, di altre forme di terapia anticoagulante, con o senza TEE ( ecocardiografia transesofagea ).

Poiché non vi è alcun test di coagulazione disponibile per i nuovi anticoagulanti orali che fornisca informazioni sulla effettiva anticoagulazione nelle ultime 3 settimane. e per il fatto che la compliance del paziente può essere variabile, è obbligatorio chiedere esplicitamente al paziente circa la sua aderenza alla terapia nel corso delle ultime settimane per documentarne la risposta.
Se il rispetto della assunzione dei nuovi anticoagulanti orali può essere confermato in modo affidabile, la cardioversione sembra sicura in modo accettabile.

Tuttavia, dovrebbe essere considerata una ecografia transesofagea se vi sono dubbi circa il rispetto della terapia.

Pazienti con emorragia intracranica acuta o ictus ischemico in cura con nuovi anticoagulanti orali: fase acuta

Le linee guida per il trattamento della emorragia intracerebrale durante la terapia con anticoagulanti orali sono limitate alle strategie per la reversione degli antagonisti della vitamina K. Mancano i dati riguardanti i nuovi anticoagulanti orali.
Per analogia con i pazienti trattati con Warfarin, lo stato di coagulazione dei pazienti in cura con i nuovi anticoagulanti orali che presentano sanguinamento acuto o ( apparentemente) sanguinamento in corso con pericolo di vita, come un’emorragia intracranica, deve essere corretto il più rapidamente possibile.

Per l'ictus ischemico, secondo le attuali linee guida e le raccomandazioni ufficiali, la terapia trombolitica con attivatore del plasminogeno tissutale ricombinante ( rtPA ) non è raccomandata nei pazienti in terapia con anticoagulanti.
Dato che l’emivita plasmatica dei nuovi anticoagulanti orali è tra 8 e 17 ore, la terapia trombolitica non può essere somministrata entro 48 ore dopo l'ultima somministrazione dei nuovi anticoagulanti orali ( corrispondente a quattro emivite plasmatiche ).
Questa è una raccomandazione arbitraria, che deve ancora essere testata.

In caso di incertezza sull’ultima somministrazione dei nuovi anticoagulanti orali, valori aPTT ( per Dabigatran ) o PT prolungati ( per inibitori del fattore Xa ) indicano che il paziente è anticoagulato e che la trombolisi non dovrebbe essere praticata.
Solo in singoli casi eccezionali, in cui una affidabile valutazione della coagulazione con test specifici sia nel range normale di riferimento, l'uso di agenti fibrinolitici può essere considerato.

Se i nuovi anticoagulanti orali sono stati somministrati entro le ultime 48 ore e/o gli appropriati test di coagulazione non sono disponibili o sono anormali, la ricanalizzazione meccanica dei vasi occlusi può essere considerata una opzione di trattamento alternativa.
Non esistono ancora dati prospettici in proposito.

Pazienti con emorragia intracranica acuta o ictus ischemico in cura con nuovi anticoagulanti orali: fase post-acuta

Secondo la scheda tecnica degli antagonisti della vitamina K e dei nuovi anticoagulanti orali, una storia di sanguinamento intracerebrale spontaneo costituisce una controindicazione all’anticoagulazione, a meno che la causa del sanguinamento intracerebrale sia stata revertita.

Per analogia con l’uso degli antagonisti della vitamina K, la somministrazione dei nuovi anticoagulanti orali può essere riavviata 10-14 giorni dopo la emorragia intracerebrale se il rischio cardioembolico è alto e il rischio di nuova emorragia intracerebrale è stimato per essere basso.
Tuttavia, gli stessi fattori che sono predittivi di ictus embolico ( età, ipertensione, precedente ictus e altri ) sono anche predittivi di emorragie.
Le strategie di prevenzione non-farmacologiche come l’ablazione o l’occlusione della appendice atriale dovrebbero essere considerate come potenziali misure sostitutive.

La continuazione della terapia con i nuovi anticoagulanti orali dopo ictus ischemico dipende dalle dimensioni dell’infarto.
Mancano i dati di studi clinici riguardanti la re-introduzione della terapia anticoagulante. Alcuni sostengono come regola generale la regola del giorno 1-3-6-12, con re-introduzione della terapia anticoagulante nei pazienti con un attacco ischemico transitorio ( TIA ) dopo 1 giorno, con piccoli infarti non-invalidanti dopo 3 giorni, con un ictus moderato dopo 6 giorni, mentre grandi infarti che coinvolgono gran parte del territorio arterioso devono essere trattati non prima di 2 ( o anche 3 ) settimane.

Se la compliance del paziente e l’effetto terapeutico di coagulazione sono stati assicurati ( cioè nel caso in cui l’evento ictale si è presentato sotto adeguata anticoagulazione ), devono essere ricercate le cause alternative per l'ictus ischemico.

Dopo un TIA di origine cardioembolica, il trattamento anticoagulante con i nuovi anticoagulanti orali può essere avviato il più presto possibile.
Il bridging ( passaggio temporaneo ) alla Eparina a basso peso molecolare non è necessario.
L'Acido Acetilsalicilico ( Aspirina ) non è una opzione alternativa: in pazienti con fibrillazione atriale considerati non-adatti per un trattamento preventivo trombo-embolico con antagonisti della vitamina K, l’inibitore del fattore Xa Apixaban ha dimostrato di essere superiore all'Aspirina nella prevenzione dell'ictus.

Nuovi anticoagulanti orali vs antagonisti della vitamina K nei pazienti con fibrillazione atriale con un tumore maligno

I pazienti con tumori maligni sono ad aumentato rischio di eventi tromboembolici. Molte forme di cancro interagiscono direttamente o indirettamente con il sistema di coagulazione.
Inoltre, la terapia antitumorale può indurre sanguinamento attraverso ferite locali ( chirurgia ), danni ai tessuti ( irradiazione ) o effetti antiproliferativi sistemici con riduzione della conta e della funzione piastrinica ( chemioterapia, alcune forme di irradiazione ).

Ci sono pochissimi dati controllati per la terapia antitrombotica nei pazienti con fibrillazione atriale con malignità.
La neoplasia attiva di solito era un criterio di esclusione negli studi con i nuovi anticoagulanti orali.
La terapia antitrombotica nei pazienti con fibrillazione atriale e la presenza di un tumore maligno richiede una valutazione cardiologica e oncologica, considerando l'impatto del cancro sulla morbilità e mortalità, la specifica terapia oncologica utilizzata, e gli effetti attesi del tumore e della terapia sia sul rischio trombo-embolico e sul rischio di sanguinamento.

Nel caso in cui un paziente con neoplasia dovesse aver necessità della terapia anticoagulante, la terapia con antagonisti della vitamina K o con eparine deve essere preferita rispetto ai nuovi anticoagulanti orali, a causa della esperienza clinica con queste sostanze, la possibilità di uno stretto controllo ( antagonista della vitamina K e Eparina non-frazionata ) e le opzioni di reversione ( antagonista della vitamina K e Eparina non-frazionata ).
Nei pazienti con fibrillazione atriale trattati stabilmente con un nuovo anticoagulante orale, chi sviluppa tumori maligni che hanno bisogno di ricevere terapie moderatamente mielosoppressive, la continuazione del trattamento con i nuovi anticoagulanti orali può essere difendibile.

Quando è prevista una potente chemioterapia mielosoppressiva o radioterapia, dovrebbe essere considerata una temporanea riduzione della dose o interruzione della terapia con i nuovi anticoagulanti orali e/o dovrebbe essere istituito un monitoraggio specifico, che comprende conte ripetute sul sangue totale ( incluse le piastrine ), un monitoraggio regolare delle funzioni epatiche e renali, e un attento esame clinico per segni di sanguinamento.

La protezione gastrica con inibitori della pompa protonica o antagonisti H2 non è controindicata e dovrebbe anche essere considerata in tutti i pazienti trattati con anticoagulanti. ( Xagena2013 )

Fonte: European Heart Journal, 2013

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